La fiera oggi...

 

Un tempo gli artigiani-contadini partivano già il giorno prima dal loro villaggio (o addirittura due giorni prima se si trattava di arrivare dalle valli lontane di Gressoney, Champorcher e Ayas).
Partivano col mulo e il carretto e viaggiavano ore ed ore, di giorno e di notte, per poter giungere in tempo alla "Veulla" ed occupare, prima che lo facessero altri, un tratto di marciapiede della via S. Anselmo o uno spiazzo di pochi metri quadrati a ridosso di una delle due Porte Praetoriane. Si accovacciavano vicino alle loro cose e attendevano l'alba sonnecchiando e cercando, con sorsi di vino o di grappa, di vincere la morsa del freddo. Le due giurie passavano prima dell'alba, a controllare gli oggetti e vincolava quelli da premiare.

Oggi più nessuno dorme accanto alla merce da vendere: perché più nessuno scende dalla montagna col mulo e il carretto. E dunque, che cosa è diventata oggi la Fiera? Accanto al filo storico delle cose, si è creato un movimento artistico, che con un occhio al passato, guarda avanti nel tempo: giovani e meno giovani, senza farlo come una volta per necessità, hanno scoperto in loro stessi una capacità artistica, che ha portato ad infoltire la schiera di scultori, intagliatori, ceramisti,...... Questo ha fatto si, che quello che un tempo era poco più di uno scambio di merci, diventasse una vera e propria esposizione artistica a cielo aperto. Al punto tale da trasformare ogni 30 e 31 gennaio Aosta, da sonnacchiosa città di provincia, in una città viva e pulsante, nelle cui vie, al Patois e all'Italiano, si mescola il Francese, il Piemontese, il Lombardo.... Aosta in quei giorni diventa veramente il Carrefour d'Europe.

Una visita della città nei giorni della fiera, se per certi aspetti può essere stancante, diventa un modo per sentirsi partecipi di un evento che non ha eguali in tutto l'arco alpino. E se nella notte del 30, seguendo la musica, o qualche gruppo di persone, che si infila in qualche portone...., avrete la ventura di essere invitati a qualche "veillà", il vino, il cibo, la musica, l'allegria e i canti, vi saranno compagni fino alle prime luci dell'alba.

 

Cenni storici
  La fiera dell'artigianato valdostano

Questi cenni storici sulla millenaria Fiera di Sant'Orso sono tratti da: "Una delle più antiche, più originali (ed anche misteriose) fiere del mondo" di Réné Willien; e pubblicate dalla Regione Autonoma Valle d'Aosta e il Comune di Aosta, in occasione della 984a Fiera svoltasi nell'anno 1984.

 

Un giorno, forse, qualche storico ci dirà che la nostra Fiera è nata con Sant'Orso o dopo che fu costruito l'"Hospitale Sancti Ursi", che però non ha data di nascita (ma che era già antichissimo nel sec. XIII: "vetus hospicium sancti Ursi"). 

Un giorno, forse, qualcuno ci informerà che essa ha finalmente un'origine più vicina alla realtà che non alla leggenda o alla tradizione. Sino a quel giorno, però, la data di nascita della Fiera di Sant'Orso corrisponderà all'alba di un freddo mattino d'inverno del fatidico anno 1000, quando ancora nel cuore degli uomini c'era traccia del terrore per il presunto avvicinarsi della fine del mondo e già la speranza in un futuro pieno di promesse.


Il canonico François Gabriel Frutaz ha pubblicato nel "Messager Valdôtain" dell'anno 1916 un articolo intitolato: "La Foire de Saint-Ours à Aoste" in cui accenna ad un "parchemin du bon Amé IV en l'an de grâce 1243" che riportava la notizia di questa fiera "curieuse" che aveva luogo "irrévocablement" il 31 gennaio, "de huit heures du matin au coucher du soleil" (dalle ore otto del mattino al calar del sole). Ma nessuno è riuscito, dopo il Frutaz , a rintracciare questa pergamena, e bisogna allora giungere all'anno 1305 per aver una notizia storica della nostra Fiera "Item in festo Sancti Ursi, et per tres dies ante ipsium festum, et per tres dies post ipsium festum, episcopus habet terciam parte omnium pedagiorum et omnium proventum nundinarum ipsarum, salvo banno vini quod totum est episcopi" gli anni il 30 e 31 di gennaio. 

In questi due giorni oltre 1000 artigiani valdostani e decine di migliaia di visitatori si incontreranno nella più antica fiera dell'artigianato tipico del mondo.
Mgr Joseph-Auguste Duc nel presentare i manoscritti da lui pubblicati, a proposito di questa notizia afferma: "… Ce devait être una foire importante, car elle durait six jours, trois jours avant le Ier février, fête de saint-Ours, fondateur de l'insigne Collégiale, et les trois jours suivants. Peut-être était-ce la seule foire qui se tînt à Aoste en ce temps? Le comte de Savoie se réservait certains droits sur les produits de cette foire; mais ils étaient bien mesquins, puisque le tiers, qui était dévolu à l'évêque, n'était que de trois sous, c'est-à-dire, 4 livres environ".

Hanno dunque inizio qui le contraddizioni sull'origine e la durata della Fiera. Infatti, il Frutaz avvalendosi di documenti di cui non possediamo l'originale, afferma che la stessa aveva la durata di un giorno, mentre il Duc, pubblicando la notizia avuta dalla raccolta dei "Cens" (Censi) parla di sei giorni. Ma nessuna delle quattro tra le più autorevoli fonti storiche locali, fanno cenno alla fiera di Sant'Orso. Per cui, se non avessimo le notizie reperite dal Frutaz e dal Duc, e che sono limitate ai secoli XIII e XIV, nulla potremmo dire di questa Fiera sino al secolo scorso. 

Il canonico Marguerettaz, nel suo "Mémoire sur les anciens hôpitaux d'Aoste", afferma, a mò d'introduzione alla presentazione storica dell'antico "Hôpital de St-Ours", che soltanto pochi anni prima che egli redigesse questo testo (1876) "on a vendu comme objet d'antiquité le devant d'un ancien autel de la paroisse de St-Christophe, On voyait representé en relief le glorieux Saint-Ours distribuant de ses mains des souliers aux pauvres", e quindi conclude: "cette pratique se conserva plusieus siècles dans la Collégiale fondée par ce saint, pour perpétuer le souvenir de cette espèce d'aumône qu'il pratiquait, parmi tant d'autres". 

Se ancora esistesse questo "devant d'autel", esso potrebbe essere il simbolo più antico e prestigioso dell'attuale Fiera di S. Orso. Infatti, lo stesso Marguerettaz afferma che "quelques-uns veulent dire que cette distribution de souliers des pauvres introduisit le marché des utensiles et vases de bois, qui se fait encore aujourd'hui la veille de Saint-Ours, au devant de la maison, où était l'ancien hôpital, et des maisons voisines, en face de la ruelle qui conduit de la grande rue à l'église de St-Ours". Ma si ha notizia sin dall'anno 1177 dell'ospedale detto di Sant'Orso, e quindi può essere che questa distribuzione di zoccoli ai poveri, e di altri oggetti od attrezzi di legno per il lavoro dei campi e per la casa, fosse una tradizione antichissima.

La testimonianza che parla della durata di 6 giorni può essere attendibile se si ritiene la manifestazione legata inizialmente ad una sorta di veri e propri "mercuriali", che, nella ricorrenza della festività di S. Orso, all'avvicinarsi della primavera, assumevano grande importanza per la compra-vendita di tutto ciò che poteva servire al contadino per i lavori campestri, artigianali o casalinghi. 

È certo che a partire dalla fine del XIV sec. e dall'inizio del XV essa perse la sua primitiva importanza, o addirittura non ebbe più luogo. Dunque, sicuramente a quell'epoca la fiera di Sant'Orso o non aveva più luogo o non aveva più scopo filantropico (più nessuna distribuzione di zoccoli ai poveri, come forse era stato per il passato); in ogni modo, essa non godeva certo di molto prestigio nei confronti delle altre fiere o mercati cittadini.

Arriviamo al secolo scorso: Nel giornale "Indépendant" del febbraio del 1857 leggiamo che la nostra Fiera durava : " l'espace d'un matin". Nel 1866, la commissione eletta, come leggiamo in un "Avis de Concours" riferentesi alla Fiera , a firma del canonico E. Bérard, doveva passare in rassegna gli espositori verso le ore 7 del mattino; ciò che conferma che la Fiera doveva essere tradizionalmente mattutina o addirittura antelucana e di breve durata. Di certo le poderose arcate della Porta Pretoria dovettero attirare, per il riparo che offrivano agli artigiani e alla loro merce, quanti, avendo abbandonato la località primitiva (nelle adiacenze del vecchio Hôpital de Saint-Ours, oggi Maison Rebogliatti) e un tratto della via Sant'Anselmo e di via della Porta pretoria.

In questo dopoguerra, dopo essere vissuta in questo scorcio di secolo con più o meno fortuna e con interruzioni in almeno tre periodi: all'epoca delle guerre mondiali e per buona parte del ventennio fascista, la Fiera di Sant'Orso ha assunto proporzioni grandiose. Ha aperto le braccia non solo agli artigiani del legno, ma a quelli del ferro battuto, della pietra ollare e dei "draps" locali. E' diventata infatti, una tradizione alpina.

Questi cenni storici sulla millenaria Fiera di Sant'Orso sono tratti da: "Una delle più antiche, più originali (ed anche misteriose) fiere del mondo" di Réné Willien; e pubblicate dalla Regione Autonoma Valle d'Aosta e il Comune di Aosta, in occasione della 984a Fiera svoltasi nell'anno 1984.

 

 

 

 

 

 

 

 

Come arrivare

Dove si svolge la fiera?

Nel centro storico di Aosta, in larga parte all'interno dell'antica cinta muraria, sempre e solo il 30 e 31 gennaio.

Come orientarsi?

Seguendo l'apposita cartellonistica pedonale o consultando le brochures in distribuzione, è possibile localizzare le diverse aree espositive.

Come arrivare alla fiera?

Con i mezzi pubblici (la stazione ferroviaria e l'autostazione dei pullman sono a due passi dalla Fiera):

 In pullman: da Torino, da Milano, da Martigny e Vallese, dalla Savoia, da Ivrea e Canavese (Info: Autostazione Savda tel. +39.0165.262027).

In camper: parcheggi presso area Cogne

In auto: usufruendo di parcheggi gratuiti assistiti alla periferia della città, segnalati lungo le vie di accesso.

In treno: da Torino, da Milano (via Chivasso). Info: www.trenitalia.it.

 

È previsto un servizio navetta gratuito con corse continue verso la Fiera. È prevista una navetta “trasversale” che unisce i due ingressi opposti della Fiera (Arco d'Augusto – Piazza della Repubblica), con fermata alla stazione ferroviaria.

 

 

 

 

 

http://www.fieradisantorso.it/

 

 

 

"Non è saggio pagare troppo caro, ma pagare troppo poco è peggio.

Quando si paga troppo, si perde un po' più di denaro e basta.

 Ma se si paga troppo poco, si rischia di perdere tutto, perchè la cosa comperata potrebbe non essere all'altezza delle proprie esigenze.

La legge dell'equilibrio negli scambi non consente di pagare poco e di ricevere molto, sarebbe un assurdo!

Se si tratta con il più basso offerente, è quindi prudente aggiungere qualcosa per il rischio che si corre, ma se si fa questo, si avrà abbastanza per pagare qualcosa di meglio..."

John Ruskin (1819-1900)- scrittore inglese, pittore, poeta critico d'arte, economista e docente             all´università di OXFORD

 

 

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